Intorno al 1618 Bernardo Strozzi ricevette da Gio. Stefano Doria l'incarico di affrescare una sala al pianterreno del palazzo Branca Doria in piazza San Matteo, purtroppo resa ormai illeggibile a causa dell'umidità. Fu questa la prima commissione di affreschi per il pittore, che successivamente fu chiamato a decorare la volta del coro della chiesa genovese dei santi Tomaso e Domenico, andata distrutta nel XIX secolo e sul cui spazio venne poi edificato il teatro Carlo Felice. Della grandiosa opera venne conservato molto poco - un frammento è ricoverato oggi nei depositi dell'Accademia Ligustica - ma se ne conosce la composizione grazie al dettagliato bozzetto esposto nelle sale dell'adiacente museo.

L'onorario dello Strozzi era davvero alto e solo facoltosi e ricchi committenti potevano permettersi di richiedergli lavori: non a caso il ricchissimo Filippo Centurione si rivolse al pittore e gli affidò la decorazione a fresco di tre volte nel palazzo Centurione -Carpaneto a Sampierdarena, miglior esempio conservato in città prima del felice ritrovamento di Strada Nuova.

Luigi Centurione (1597-1659) nel 1623 incaricò lo Strozzi di decorare lo scalone, la loggia e, al primo piano nobile, i soffitti di tre sale e due recamerini nel Palazzo di recente acquisito in Strada Nuova. Lo Strozzi doveva portare a termine l'incarico in diciotto mesi, ma, alla data 24 novembre 1625, in un documento indirizzato al Senato della Repubblica, lo stesso artista lamenta di aver faticato ben oltre gli accordi presi e di non essere stato ancora adeguatamente pagato.
Il Centurione, senza lasciar passare neppure un giorno, rispose alla provocazione accusando lo Strozzi di non aver rispettato il contratto "né nei tempi, né nel lavoro, né per altra cosa": "doveva in 18 mesi che cominciorno a 23 agosto 1623 haver dipinto tre camere nell'appartamento da basso e duoi recamerini e la scala et hoggi non ha fatto altro che dipingere le volte delle stanze et non ha neanco principiata la pittura della scala".
Ne nacque una vertenza legale, molto documentata, che comportò la brusca interruzione della decorazione a fresco, limitata dunque alle sole prime tre sale previste: nelle due laterali le decorazioni del soffitto furono picchettate e scialbate, probabilmente per diretta volontà del Centurione, mentre gli affreschi della sala centrale piacquero al committente che li volle mantenere.
A inizio Settecento, per dare maggior lustro al secondo piano nobile, i Pallavicini fecero ampliare lo scalone che lo collegava al primo piano, a scapito dei precedenti accessi di servizio, come ha ben ricostruito Poleggi; questa operazione implicò l'innalzamento di un nuovo muro portante che di fatto diminuì lo spazio della sala centrale, di conseguenza controsoffittata.

La straordinaria scoperta degli affreschi si deve a un'intuizione di Mary Newcome e di Beppe Merlano: praticando un foro di indagine nella volta è stato possibile ritrovare ancora quanto lo Strozzi dipinse, straordinariamente conservato grazie alla volta in canniccio di controsoffittatura.


 

Bernardo Strozzi, sala Centrale, particolare del riquadro centrale.

Bernardo Strozzi, sala dell'Astrologia, volta.

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