Presidente: Matteo Bruzzo, 

Vicepresidente: Giacomo Bruzzo jr., 

Soci fondatori: Elena Bruzzo Roasenda, Giacomo Bruzzo jr., Luigi Croce, Carlo Croce, Marcello Mari, Giorgio Mezzadri, Corrado Papone, Max Rabino Anzi.

Si ringraziano con calorosa riconoscenza tutte le persone e le istituzioni che hanno contribuito a far avviare, procedere e concludere i lavori di restauro del palazzo.

 

Da bambini, a Natale e a Pasqua, papà portava me e i miei fratelli Laura e Benedetto a trovare la zia. Era Giuseppina Podestà, la nuora vecchissima del famoso sindaco, quello del viale, Andrea. Me la ricordo, vestita di viola, con un nastrino di velluto al collo, seduta in un salotto scuro e triste, come immaginavo vivessero tutte le vedove. 
Poco prima di sposarmi, mio padre cominciò alcuni lavori di consolidamento strutturale del palazzo e la trasformazione dell'ultimo piano dove andai ad abitare con mia moglie. 
Così, ogni giorno, per anni, vidi la facciata, l'ingresso, l'ampio atrio e, in fondo, il ninfeo tutti d'un uniforme color marrone olivastro: ogni cosa aveva un'aria austera e silenziosa, un po' decadente e decorosa ma. così triste. 
Sognavo la luce. Poi lentamente qualche cosa mutò. 
Arrivarono nuovi inquilini, gentili e capaci restauratori. Con la loro esperienza cominciammo a scrostare la pittura che copriva l'atrio e, pian piano, apparve un meraviglioso azzurro grigio. Come l'alba di un giorno nuovo. Questo accese l'entusiasmo e così continuammo nell'androne e lungo le scale. Apparvero delle lunette con navi e vele spiegate: tutto invitava al viaggio e all'esplorazione. 
Un invito da sirene! Un giorno si fecero avanti tre nuovi personaggi: una sottile eccentrica signora dall'accento anglo-americano e un disincantato intellettuale tedesco, introdotti da un gentile e partecipe accompagnatore. Si trattava di Mary Newcome ed Erich Schleier, eminenti studiosi, e del loro amico Beppe Merlano. Raccontarono una complessa storia dove si intrecciavano, talora in modo un po' ingarbugliato, i nomi di Strozzi, Alizeri, Centurione, Pallavicini e di altri misteriosi esperti i cui nomi non mi dicevano niente. Venne forato il soffitto di un appartamento al primo piano nobile affittato da anni e da tempo usato come magazzino: una lama di luce improvvisa rimandò un lampo stupendo dal color rosso vivo, quel famoso rosso Strozzi! A tutti noi prese quasi una frenesia, un'allegra pazzia: ritrovare il passato, far luce sulla storia di quelle stanze e poi dell'intero palazzo. Decidemmo di avviare i lavori, di ripulire la facciata, il cortile interno, il ninfeo, il giardino. poi ricomparve un amico, lontano da anni. Quando penso allo Strozzi ritrovato devo, però, confessare che ogni tanto mi dispiace di avere disturbato il silenzio e il riposo di quelle belle figure, uomini e animali che l'artista ha dipinto inconsapevoli e imperturbabili nei loro gesti uguali per sempre; ma poi mi consolo e credo che anche a loro faccia piacere vedere come è ritornato a essere bello il palazzo e constatare quante persone curiose vengono a trovarli e ad ammirarli. Mi fa piacere pensare che anche loro abbiano un po' di vanità. Ringrazio allora la determinazione e l'energia con cui mia moglie Elena ha avviato e seguito i lavori e penso che senza di lei tanta luce non si sarebbe accesa. 

È uso, e a questa civile abitudine non mi voglio sottrarre, ringraziare chi mi ha aiutato nell'intero progetto, nel restauro e nella stesura del libro che rimarrà come testimonianza. Un grazie quindi a Mary Newcome Schleier, a Gianni Bozzo, a Francesco Tomasinelli e Beppe Merlano, progettisti e direttori dei lavori, ai restauratori Giacomo Causa e Stella Boj, con particolare apprezzamento per due loro collaboratori, Daniela Russo e Marco Parodi, eccezionali per competenza ed equilibrio. Un grazie speciale a Max Rabino per l'aiuto che ci ha dato.

Matteo Bruzzo

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