26 ottobre 2024 – 26 gennaio 2025
Mostra a cura di
Laura Stagno e Daniele Sanguineti
Università degli Studi di Genova
Dipartimento di Italianistica, Romanistica, Antichistica, Arti e Spettacolo (DIRAAS)
Premessa: venti anni di esposizioni
Nel 2004 l’Associazione Palazzo Nicolosio Lomellino ha dato avvio, nelle magnifiche sale del primo piano nobile dell’omonimo palazzo di Strada Nuova, a una ricca attività espositiva.
Dunque nel 2024 siamo giunti a festeggiare i venti anni di attività scientifica, rivolta a valorizzare la cultura figurativa di Genova attraverso la realizzazione di grandi mostre monografiche – come Luca Giordano (2009), i Bassano (2012), Luciano Borzone (2015-2016) e poi Domenico Piola (2017- 2018) e Bernardo Strozzi (2019-2020) – e di esposizioni dedicate alla cultura del collezionismo e dell’abitare in uno spazio storico, come Domenico Parodi: l’Arcadia in giardino (2022) e 5 famiglie, 5 storie, 1 dimora affascinante, focalizzata sulle cinque famiglie che, nei secoli, abitarono il palazzo (2021). Per il decennale, nel 2014, l’Associazione ha collaborato all’organizzazione della mostra in due parti 1460 – 1600. Natura e Astrazione: uno sguardo sulla Sublime Porta e Turcherie, realizzata dalla Fondazione Bruschettini per l’Arte Islamica e Asiatica
Nel progettare, per la ricorrenza dei vent’anni di attività, un evento espositivo che potesse sottolinearel’importanza di questa occasione si è ritenuto utile muovere da quell’idea di apertura verso realtà lontane ediverse che Luigi Centurione Scotto, proprietario del palazzo all’inizio del Seicento, aveva ben chiara quando chiese a Bernardo Strozzi di affrescare, nella grande sala centrale del primo piano nobile, temiche comprendevano la raffigurazione di nativi americani.
La mostra
La rappresentazione dell’alterità, nella sua accezione più ampia, entra nella cultura figurativa occidentale con particolare forza nella prima età moderna, a partire dal Cinquecento. All’interno di questo vasto orizzonte, il tema scelto per la mostra è l’articolata rappresentazione nell’arte genovese del ‘Turco’: termine con il quale di norma si indicavano in Occidente, all’epoca, tutti i popoli che abitavano i territori dell’impero ottomano, senza distinzioni.
Nel doppio registro del conflitto e dell’attrazione verso il mondo ottomano, l’attenzione dei Genovesi verso queste realtà fu intensa e costante, in continuità con la ricca rete di rapporti tra la città e il Levante in epoca medievale (di cui è emblema la colonia genovese di Pera, attuale municipalità di Beyoğlu, nella parte europea di Istanbul, con la quale Genova è gemellata dal 2013).
A livello di costruzione mentale, descrizione letteraria e rappresentazione artistica, la percezioneoccidentale dei Turchi, dei Barbareschi (abitanti degli stati del Maghreb, comunque politicamente sottoposti all’impero ottomano) e dei Mori (termine che nell’uso storico comprendeva anche gli africani neri) è attualmente al centro dell’attenzione della comunità scientifica internazionale. Essa ha ispiratoopere di eccezionale valore artistico, che sono nel contempo testimonianze di un tema affascinante, varioe complesso: l’incontro – e scontro – di mondi diversi.
Gli abitanti dei territori ottomani venivano in effetti identificati dall’Occidente come l’Altro pereccellenza, anche nei termini di luogo simbolico in cui convergevano le paure, le aspirazioni, i conflitti della civiltà europea: la forza di questa associazione ha condotto l’Europa cristiana a utilizzarel’immagine del Turco come modello di partenza e strumento interpretativo per rappresentare realtà anchemolto lontane nel tempo e nello spazio, incluse le figure negative di molte narrazioni religiose.
Allo stesso tempo, però, altri fili si sono intrecciati a comporre il variegato arazzo di questa narrazione visiva, che include le molte sfaccettature di una realtà complessa: la ricca produzione di testi e di immagini legati alla fascinazione occidentale per la vita e i costumi ottomani, così come l’importazione, la circolazione e la rappresentazione ininterrotta di pregiati oggetti e tessili ottomani, sono la prova di uno sguardo che va ben oltre una percezione solo negativa.
Genova è stata un laboratorio importante di costruzione e diffusione di immagini di questo tipo.
Alcune raffigurazioni si pongono come testimoni di una stagione di diretta conflittualità, in particolare perquanto concerne il Cinquecento, in cui domina il tema dello scontro che vede in primo piano la figura di Andrea Doria, ammiraglio dell’imperatore Carlo V e conquistatore di Tunisi, e successivamente la battaglia di Lepanto, trionfo della flotta della Lega Santa. Ma è importante ribadire, anche per il tramite di questa esposizione, che la raffigurazione degli Ottomani come nemici non esaurisce la varietà dei soggetti connessi al tema, all’interno dell’arte genovese. La raffigurazione di dignitari orientali in abiti sontuosi e di raffinati tappeti in scene bibliche, e ancor più la puntuale illustrazione dei costumi ottomani nella cronaca per immagini della missione presso la corte del Sultano di Giovanni Agostino Durazzo (che volle lui stesso essere effigiato in abiti ‘alla turca’, in un ritratto esposto in mostra), nel 1665-1666, sono tra le più significative attestazioni della curiosità e della fascinazione dei Genovesi per questo mondo lontano.
Per la prima volta, la mostra raccoglie opere d’arte che illustrano i più diversi versanti dell’immagine degli Ottomani nell’arte genovese: combattenti, schiavi, dignitari e sultani popolano le scene raffigurate nei dipinti e negli altri manufatti esposti, in scenari che spaziano dalla corte di Costantinopoli al porto di Genova, dove si svolgeva la vita quotidiana degli schiavi quando non erano sulle galee, in mare.
In quest’ottica, l’esposizione, con i suoi apparati didattici e gli eventi collaterali di supporto, si pone anche come strumento importante di sensibilizzazione su questi temi, in un’ottica di incremento delle conoscenze e della comprensione del passato in una società ormai multiculturale.
La mostra comprende cinquantadue opere, prestate da privati, da fondazioni e da musei (tra cui il Louvre, il Museo di Capodimonte, le Gallerie dell’Accademia di Venezia). La metà sono dipinti di alcuni tra più importanti artisti attivi nel contesto genovese – Giovanni Battista Paggi, Giovanni Battista Carlone, Orazio De Ferrari, Bartolomeo Biscaino, Giovanni Benedetto Castiglione detto il Grechetto,Cornelis De Wael, Giovanni Bernardo Carbone, Gregorio De Ferrari, Domenico Parodi ed altri ancora – che illustrano i diversi aspetti del tema e dialogano con opere di artisti di diversa provenienza, quali il capolavoro dedicato da Paolo Veronese alla vittoria di Lepanto e la grande bozza di Francesco Solimena raffigurante la Strage dei giovinetti Giustiniani.
I dipinti si alternano ad una notevole varietà di altri manufatti artistici: la pisside liturgica che include una teca d’avorio arabo-sicula del XII secolo, un vaso cinquecentesco in ceramica di produzione ottomana con elaborati decori blu (la cui tipologia ha influenzatole le coeve maioliche liguri), un tappeto turco di fine Cinquecento del tipo detto “Lotto” (quello che si scorge riprodotto in diverse tele esposte in mostra, ed era ben presente nelle dimore genovesi), le “capitolazioni” concesse nel 1665 ai Genovesi con il grande monogramma del sultano tracciato in oro, i libri ed i giochi da tavolo che illustravano i costumi dei Turchi; una preziosa medaglia di Leone Leoni ed un raffinato disegno di Baccio Bandinelli; infine, un significativo gruppo scultoreo, e cartoni per arazzi eseguiti da Luca Cambiaso e dai suoi collaboratori.
Nello specifico, la dislocazione di queste opere nelle sale espositive risponde a una serie di nuclei tematici:
- La fascinazione genovese per gli oggetti e per i costumi ottomani
- La missione diplomatica di Giovanni Agostino Durazzo presso la Sublime Porta
- Il Turco come nemico: il ruolo di Andrea Doria
- La battaglia di Lepanto
- Glorie civiche
- L’aspirazione alla conversione universale e i simboli delle tre parti del mondo: i Re Magi
- La quotidianità degli schiavi musulmani nel porto di Genova e dei servitori mori nei palazzi della nobiltà