Riportare nel qui e nell’ora la presenza scenica, le posestatuarie, lo sguardo magnetico, la voce potente di una grande attrice del passato è cosa impossibile. Riattivare il valore scenico dello straordinario lascito di Adelaide Ristori– e particolarmente la serie dei preziosi costumi – è pure obiettivo, se non impossibile, certo impervio.

Il progetto espositivo sceglie per questo la strada del raccontare al pubblico di oggi un’arte dimenticata, poco e mal conosciuta, un’arte però che ha soggiogato le platee prima italiane, poi europee, infine mondiali nell’Ottocento e ancora ai primi del Novecento. È l’arte dei Grandi Attori, creatoriautonomi della scena, compositori indipendenti dello spettacolo, co-autori di una testualità che prendeva vera pienezza solo nel loro agire scenico. Di questaschiera Adelaide Ristori è stata la stella internazionale, pioniera della mobilità transnazionale e del fenomeno divistico, attenta alla costruzione tanto della sua immagine scenica – come ci dicono appunto gli splendidi costumi – quanto di quella fuori scena.

Il percorso si snoda attraverso quattro grandi temi, che mettono a fuoco questo primato e come i costumi della Grande attrice furono parte di strategie artistiche, imprenditoriali e promozionali allo stesso tempo.

Si parte dall’ “Arte dell’attrice”, una sala che permette di entrare nel processo creativo di Adelaide Ristori, di comprendere lo studio del personaggio e le dinamiche ideativeche dal testo vanno alla scena. L’ideazione del costume, che impegna l’attrice in prima persona, ha importanza cruciale in questo processo, sulla scorta della sensibilità romantica e sull’onda della voga storicista.

La secondasala (“Emblema dell’Italia unita”) ci riporta a società in cui il teatro era il centro della vita sociale, ludica e culturale urbana ed era anche luogo di emersione politica. Adelaide ebbe un ruolo anche politico, fu percepita prima come un’icona risorgimentale e poi come un simbolo nella nuova Italia, testimonial nelle sue avventurose tournée in tutto il mondo di un paese di giovane unificazione ealla ricerca di una credibilità internazionale.

I costumi più pregiati della collezione, quelli in cui moda e teatro si incontrano forse per la prima volta nella storia, sono esposti nella terza sala (“L’haute couture a teatro”), che raccoglie i capi firmati da Charles Frederick Worth, celebrato inventore dell’haute couture. Sono i costumi di Maria Antonietta di Paolo Giacometti, creati per stupire il pubblico con la loro magnificenza, per irradiare regalità delle tavole del palcoscenico, per rendere celebre l’attrice-marchesa che li indossa.

Abitata dai costumi ideati per Elisabetta, regina d’Inghilterra da Delphine Baron, l’ultima sala (“Una grande attrice da esportazione”) mostra non solo la vastità della dimensione internazionale della carriera dell’attrice, ma anche l’abilità imprenditoriale e l’astuzia commerciale sua e del marito, il marchese Giuliano Capranica del Grillo.

 

Dodici, fra i quindici conservati dall’attrice, sono i costumi esposti, insieme a scarpe, gioielli di scena, ventagli. A ogni costumeè affiancato materiale d'archivio (fotografie, stampe, dagherrotipi, locandine, manifesti, bozzetti,lettere), con l’obiettivo di mostrare ai visitatori il contesto produttivo e ideativo in cui sono nati gli abiti, il modo in cui l’attrice li ha resi parte della sua scrittura scenica, come con essi abbia promosso l’immagine che voleva disegnare di sé e dei suoi personaggi e come le spettatrici e gli spettatori lihanno osservati, amati, tenuti a riferimento. Sono inoltre per la prima volta eseguiti al pianoforte e diffusi in mostra alcuni brani delle musiche di scena appositamente composte dal Maestro Paolo Giorza per Maria Antonietta.

 

Livia Cavaglieri, Danila Parodi, Gian Domenico Ricaldone

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